Vizi sull’autovettura: la sentenza n. 3695 del 7 febbraio 2022 della Corte di Cassazione ha sancito importanti principi in materia.
Dal combinato disposto degli artt.129 e ss. del Codice del Consumo si desume che il venditore è responsabile nei riguardi del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene allorché tale difetto si palesi entro il termine di due anni dalla predetta consegna.
I vizi sull’autovettura consentono al consumatore di esperire i vari rimedi elencati all’articolo 130 del Codice del Consumo, e che risultano graduati, secondo un preciso ordine: in primo luogo potrà proporre al venditore la riparazione o la sostituzione del bene, solo in secondo luogo, e alle condizioni contemplate dal comma 7 (dell’articolo 130 Cod. Cons.), potrà richiedere una congrua riduzione del prezzo, oppure la risoluzione del contratto.
Resta fermo che, per poter usufruire dei diritti citati, il consumatore ha l’onere di denunciare al venditore il difetto di conformità nel termine di due mesi decorrente dalla data della scoperta di quest’ultimo. Il Codice del Consumo prevede una presunzione a favore del consumatore, inserita nell’art.132 terzo comma, a norma del quale si presume che i difetti di conformità, che si manifestino entro sei mesi dalla consegna del bene, siano sussistenti già a tale data.
Tuttavia questa presunzione è superabile anche attraverso una prova contraria: se il difetto si manifesta entro tale termine, il consumatore beneficia di un’agevolazione probatoria dovendo semplicemente allegare la sussistenza del vizio, mentre grava sul venditore l’onere di provare la conformità dell’auto consegnata rispetto al contratto di vendita mentre, se è superato il termine di sei mesi, il consumatore che agisce in giudizio deve fornire la prova che i vizi dell’autovettura fossero stati presenti già nel mezzo, in quanto i vizi ben potrebbero qualificarsi come sopravvenuti e dipendere da cause indipendenti dalla non conformità del prodotto.
Corollario di questo principio è che il consumatore deve provare l’inesatto adempimento mentre è onere del venditore provare, anche attraverso presunzioni, di aver consegnato una cosa conforme alle caratteristiche del tipo ordinariamente prodotto, ovvero la regolarità del processo di fabbricazione o di realizzazione del bene; solo ove detta prova sia stata fornita, spetta al compratore di dimostrare l’esistenza di un vizio o di un difetto intrinseco della cosa ascrivibile al venditore (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 21927 del 21/09/2017, Sez. 2, Sentenza n. 20110 del 02/09/2013).
A conferma di tali conclusioni, appare utile qui richiamare la sentenza della Corte di giustizia 4 giugno 2015, causa c497/13 ( nota come il caso Faber), in cui i giudici di Lussemburgo ( cfr. punti 62 e 63) ricordano che “come emerge dalla formulazione dell’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 1999/44, letto in combinato disposto con il suo considerando 19, e dalla finalità perseguita da tale disposizione, l’onere fatto gravare sul consumatore non può spingersi oltre quello consistente nel denunciare al venditore l’esistenza di un difetto di conformità. Quanto al contenuto di tale informazione, in questa fase non si può esigere che il consumatore produca la prova che effettivamente un difetto di conformità colpisce il bene che ha acquistato. Tenuto conto dell’inferiorità in cui egli versa rispetto al venditore per quanto riguarda le informazioni sulle qualità di tale bene e sullo stato in cui esso è stato venduto, il consumatore non può neppure essere obbligato ad indicare la causa precisa di detto difetto di conformità. Per contro, affinché l’informazione possa essere utile per il venditore, essa dovrebbe contenere una serie di indicazioni, il cui grado di precisione varierà inevitabilmente in funzione delle circostanze specifiche di ciascun caso di specie, vertenti sulla natura del bene in oggetto, sul tenore del corrispondente contratto di vendita e sulle concrete manifestazioni del difetto di conformità lamentato“.
Quanto alla forma della denuncia, va evidenziato che la giurisprudenza della Corte di Cassazione è consolidata nell’affermare che la denunzia dei vizi dell’autovettura da parte del compratore, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 1495 c.c., può essere fatta, in difetto di una espressa previsione di forma, con qualunque mezzo che in concreto si riveli idoneo a portare a conoscenza del venditore i vizi riscontrati (Cassazione civile sez. II, 03/04/2003, n.5142; Cass. SS.UU. 15.1.1991 n. 328).
Alla luce della disciplina interna e dell’Unione, la Corte di Cassazione nella sentenza n. 3695/2022 ha precisato che, ove la sostituzione o riparazione del bene non siano state impossibili né siano eccessivamente onerose, il consumatore, scaduto il termine congruo per la sostituzione o riparazione senza che il venditore vi abbia provveduto, ovvero se le stesse abbiano arrecato un notevole inconveniente, può agire per la riduzione del prezzo o per la risoluzione del contratto, pur in presenza di un difetto di lieve entità (Cassazione civile sez. II, 03/06/2020, n.10453; Cass. Civ., n. 1082 del 2020; Cass. 18610/2017). Non è quindi richiesto, nell’ipotesi in cui la riparazione non sia possibile, che il bene sia inidoneo all’uso cui è destinato ma che il difetto persista anche in seguito alle riparazioni. Tale principio di diritto è stato richiamato anche da Cassazione civile sez. VI, 14/10/2020, n.22146, secondo cui, in tema di vendita di beni di consumo affetti da vizio di conformità, ove l’acquirente abbia inizialmente richiesto la riparazione del bene, non è preclusa la possibilità di agire successivamente per la risoluzione del contratto quando sia scaduto il termine ritenuto congruo per la riparazione, senza che il venditore vi abbia tempestivamente provveduto. Ai sensi dell’art.130 del Codice del Consumo, infatti, le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene. Come emerge innanzitutto dal dato normativo, e come pacificamente si afferma in dottrina, nel caso di non conformità del bene al contratto, il consumatore è tenuto a chiedere in un primo momento la sostituzione ovvero la riparazione del bene, e solo qualora ciò non sia possibile, ovvero sia manifestamente oneroso, è legittimato ad avvalersi dei cd. rimedi secondari. La riparazione e la sostituzione di un bene non conforme devono essere effettuate non solo senza spese, ma anche entro un lasso di tempo ragionevole e senza notevoli inconvenienti per il consumatore .
La domanda di risoluzione, sulla base del Codice del Consumo, una volta esauriti i rimedi ordinari non richiede l’inidoneità dell’uso cui il bene è destinato ma l’assenza di riparazione del vizio.