Danni morali e vacanza rovinata: la Terza Sezione Civile della Cassazione con la sentenza n. 5271 del 20 febbraio 2023 ribadisce che, in caso di vacanza rovinata il turista ha diritto anche al risarcimento dei danni morali, oltre ai danni patrimoniali.
La decisione riguarda il caso di una coppia che aveva citato in giudizio un’agenzia turistica per una serie di disservizi che hanno rovinato la loro esperienza vacanziera. In particolar modo non c’era nulla che sembrava corrispondere a quanto indicato dal depliant.
La Suprema Corte ha ricordato che il turista ha diritto al risarcimento dei danni non patrimoniali, come il disagio psicofisico, che si verifica quando la vacanza programmata non viene realizzata o viene realizzata solo in parte a causa di inadempimenti contrattuali. Questo diritto trova fondamento nella normativa comunitaria di tutela del consumatore e nel Codice del turismo.
Secondo l’art. 47 del Codice del turismo, se l’inadempimento non è di scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 c.c., il turista può chiedere un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso e all’irripetibilità dell’occasione perduta.
La Corte rileva che l’articolo 44 del codice del turismo (Decreto Legislativo n. 79 del 2011) deve essere inteso in modo tale da includere anche i danni non patrimoniali ex art. 2059 del Codice Civile. Anche il termine di prescrizione deve considerarsi di tre anni e non di un anno come indicato dall’art. 45, comma 3, dello stesso decreto per altri tipi di danni.
La Corte di Giustizia, già nel 2002 (sentenza 12 marzo 2002, n. 168), pronunciandosi in via pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 5 della direttiva n. 90/314/CEE, ha affermato che il suddetto articolo “deve essere interpretato nel senso che in linea di principio il consumatore ha diritto al risarcimento del danno morale derivante dall’inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto compreso”, mettendo in evidenza che nel settore dei viaggi turistici si segnalano spesso “danni diversi da quelli corporali”, “al di là dell’indennizzo delle sofferenze fisiche” e che “tutti gli ordinamenti giuridici moderni (riconoscono)..un’importanza sempre maggiore alle vacanze”. Alla luce di tale pronuncia, la dottrina e la giurisprudenza di merito, hanno letto le espressioni generiche contenute nel D.Lgs. n. 111 del 1995 (artt. 13 e 14) come comprensive anche del danno non patrimoniale. Poi, in una visione d’insieme, il Codice del turismo (D.Lgs. 23 maggio 2011, n. 79, emanato in attuazione della direttiva 2008/122/CE), applicabile nella specie, prevede espressamente (art. 47) il danno da vacanza rovinata per il caso di inadempimento o inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico. In particolare, si prevede che, qualora l’inadempimento “non sia di scarsa importanza ai sensi dell’art. 1455 c.c., il turista può chiedere, oltre e indipendentemente dalla risoluzione del contratto, un risarcimento del danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso ed all’irripetibilità dell’occasione perduta”.
“Alla luce di quanto premesso, è manifestamente errata l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui “il termine danno alla persona deve, evidentemente, essere riferito ai soli danni fisici e non anche a quelli morali sia perché è tale l’accezione tecnica del termine e sia perché, altrimenti, la distinzione non avrebbe senso. In tema di cd. vacanza rovinata, infatti, è chiaro che si verte sempre di danni cd. morali in quanto quelli patrimoniali sono risarcibili a prescindere e già oggetto di normative speciali” (Corte di Cassazione sentenza n. 5271/2023 )