In caso di successione come funziona il pagamento dei debiti del defunto.

Come noto, la dichiarazione di successione è l’adempimento da effettuare nel momento in cui una persona muore lasciando agli eredi immobili, soldi in banca ma anche i debiti.

Ma se le proprietà del defunto sono il lato attivo della successione ereditaria, non è raro trovare defunti che hanno dei debiti. In questo caso chi paga i debiti del defunto? Basta presentare la dichiarazione di successione per essere tenuti al pagamento dei debiti pregressi del de cuius?

Ebbene, in tema di debiti ereditari è di fondamentale importanza l’accettazione della eredità.

Infatti la normativa vigente dà massima importanza all’accettazione dell’eredità che tra l’altro offre più tempo agli eredi rispetto alla dichiarazione di successione.

Infatti la dichiarazione di successione va fatta entro un anno dalla data del decesso che proprio per questo rappresenta la cosiddetta data di “apertura della successione”.

L’accettazione dell’eredità, e quindi anche il suo rifiuto, può, invece, essere fatta entro 10 anni dalla morte del defunto.

In pratica si può presentare la denuncia di successione e poi si può rinunciare all’eredità. E lo so può fare anche dopo diversi anni.

Con l’accettazione dell’eredità pura e semplice, all’erede si trasmettono anche i debiti e i pesi del defunto

Tuttavia, non tutti i debiti cadono in successione. In particolare, non si trasmettono agli eredi le obbligazioni strettamente personali c.d. intuitus personae, che devono e possono essere adempiute unicamente da un determinato soggetto. Si pensi ad esempio, all’obbligazione di esecuzione di un quadro da parte di un pittore famoso. Al momento del decesso di quest’ultimo, l’obbligazione di realizzazione del quadro si estingue, e non passa agli eredi. Inoltre non si trasmettono:

 

Detto ciò occorre soffermarci sulla tipologia di debiti del defunto e sulle verifiche necessarie per accertarli:

Detto ciò come vengono ripartiti i debiti del defunto: ai sensi dell’art. 752 c.c. “i coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbia altrimenti disposto”. Pertanto, la ripartizione dei debiti tra gli eredi avviene in misura proporzionale alla quota di eredità ricevuta per successione. In presenza di più eredi quindi, ciascuno sarà tenuto al pagamento di una parte soltanto dei debiti e non di tutte le passività ereditarie.

Tuttavia, il de cuius potrà disporre diversamente con il testamento. Ad esempio, potrà stabilire la distribuzione dei debiti in maniera diversa dalla ripartizione pro quota, oppure che tutti gli eredi siano obbligati in solido tra di loro. Tale regola però, opera solo nei rapporti interni tra gli eredi e non anche nei rapporti tra gli eredi e i creditori.

Spesso i creditori ereditari agiscono per il recupero dell’intero credito nei confronti di un singolo coerede, intimandogli il pagamento. In questo caso il coerede chiamato per l’intero importo, sul presupposto che la sua obbligazione ha natura parziaria e non c’è solidarietà tra gli eredi, ha l’onere di comunicare al creditore i limiti entro cui è obbligato al pagamento del debito, specificando la quota di eredità percepita. Gli eredi dunque hanno l’onere di dichiarare i limiti della propria quota al creditore, altrimenti rischiano di dover rispondere per l’intero, salvo poi rivalersi nei confronti degli altri coeredi.

Quanto detto, però, viene meno per i debiti ereditari di natura tributaria. In campo fiscale, in base al principio della solidarietà tributaria di cui all’art. 65 del D.P.R. 600/1973, a ciascun erede può essere richiesto l’integrale pagamento del debito, salvo poi per questi rivalersi sugli altri. Tuttavia ciò vale solo per le imposte dirette (ad esempio, l’IRPEF) e non anche per i tributi indiretti (ad esempio l’ IVA) per i quali opera la regola civilistica sopra descritta.

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