Buche che diventano voragini e trasformano le strade in trincee. Soprattutto nella stagione invernale gli asfalti vengono rovinati dalle piogge e cedono per le spaccature provocate dal ghiaccio. Così capita molto spesso di finire con l’auto dentro uno di questi crateri, di danneggiare cerchio e pneumatico, magari rimanendo anche a piedi. Inoltre, la cattiva cura e la segnaletica non adeguata sono corresponsabili di una parte significativa degli incidenti che avvengono sulle nostre strade.
In molti casi, però, si può intraprendere un’azione giudiziaria, attraverso la domanda al Tribunale o al Giudice di Pace per avere il risarcimento del danno. Le probabilità di successo dipendono sostanzialmente dalla collocazione e dalla dimensione della buca, ma anche dalla condotta di guida dell’automobilista.
La giurisprudenza ritiene risarcibili solamente i danni provocati da ‘insidie stradali occulte’, cioè quegli ostacoli che non siano facilmente visibili o prevedibili usando l’ordinaria diligenza. Per esempio una buca grande come tutta la carreggiata non si può certo qualificare come un’insidia occulta e chi ci ‘cade’ dentro deve solo dare la colpa a se stesso. Allo stesso tempo, il conducente deve tenere una condotta di guida prudente, perché la condizione di pericolosità deve derivare dalla cosa in sé e non essere imputabile in alcun modo all’automobilista. Per le voragini appena createsi, poi, la lunghezza del tratto stradale può andare a vantaggio del gestore che deve avere il tempo dal verificarsi del pericolo e dalla relativa segnalazione, per provvedere alla riparazione. Quindi se la buca è ‘fresca’ e il gestore non ha ancora avuto tempo di ripararla, non ci sarà nessun risarcimento. Oppure si ritiene che l’Ente proprietario o il concessionario rispondano
nella ipotesi in cui l’incidente sia conseguente alla apertura di un cantiere stradale, non adeguatamente segnalato dal proprietario del tratto stradale di cui è custode (v. Cass. 28/07/2014 n. 17039), ovvero alla caduta di un pedone in ragione della presenza di un avvallamento sul marciapiede coperto da uno strato di ghiaia ma lasciato aperto al calpestio del pubblico senza alcuna segnalazione delle condizioni di pericolo (Cass. 23/10/2014 n. 22528).
In tale materia, infatti, come di recente ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 287 del 13/01/2015, vige una vera e propria responsabilità oggettiva di cui all’art. 2051 c.c. per l’Ente proprietario o concessionario (ad esempio l’ANAS).
L’articolo in parola prevede che “ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che si provi il caso fortuito” a voler con ciò significare che “il custode, ossia colui che si trovi nelle condizioni di fatto di controllare i pericoli della cosa in custodia, risponde dei danni, dalla stessa cagionati a causa della mera sussistenza di un nesso causale tra la cosa in custodia e fatto dannoso, senza che rilevi la sua condotta o l’osservanza da parte sua, di un obbligo di vigilanza sulla cosa stessa giacché la nozione di custodia non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario”.
La Suprema Corte ha difatti precisato che la funzione della norma è quella di imputare la responsabilità dell’evento pregiudizievole, riconducibile a situazioni di pericolo connesse alla struttura e allo stato di manutenzione della strada, a chi si trovi nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa stessa, ovvero all’Ente proprietario o concessionario della strada, fatta salva l’ipotesi in cui si accerti che l’utente danneggiato avrebbe potuto percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza del bonus pater familiae, la situazione di pericolo.
Pertanto, chi intende agire per il risarcimento del danno da insidia stradale ha l’onere di provare l’esistenza del nesso causale tra la situazione di pericolo connessa alla struttura e il difetto di manutenzione di una strada aperta al pubblico transito e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso causale tra l’evento lesivo e la condotta del conducente il veicolo (In tal senso anche le Sent. Cass. n. 22528/2014 e Cass. 18162/2014).
Infine, sono molto importanti anche le modalità di richiesta del risarcimento. L’automobilista deve documentare il fatto storico, con fotografie e testimonianze, ancora meglio se con un verbale delle Forze dell’Ordine e la spesa conseguente. Invece le eccezioni volte a far decadere la richiesta di indennizzo sono di competenza dell’ente pubblico proprietario del tratto di strada. Questi dovrà dimostrare il ‘caso fortuito’, cioè che l’incidente è accaduto non per sua colpa ma per ‘un’alterazione dello stato dei luoghi imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile ai conducenti nemmeno con l’uso dell’ordinaria diligenza’, oppure, come detto prima per la condotta negligente e imprudente della stessa vittima.

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