Ogni qual volta si eseguono interventi che coinvolgono le parti comuni c’è sempre il problema dell’estetica e del rispetto del regolamento di condominio con cui fare i conti.
Se per l’interpretazione del secondo non sussistono grossi problemi, sussistono, invece, per il concetto di “estetica dell’edificio” la cui valutazione non è rimessa all’assemblea ma all’insindacabile giudizio del giudice.
Posto che il decoro architettonico è un bene al quale sono interessati tutti i condomini, il Giudice dovrà adottare, caso per caso, criteri di maggiore o minore rigore in considerazione delle caratteristiche del singolo edificio accertando la preesistenza di una unitarietà di linee e di stile, suscettibile di significativa alterazione in rapporto all’innovazione dedotta in giudizio; infine dovrà verificare se sulla medesima unitarietà avessero o meno già inciso, menomandola, precedenti innovazioni. Infatti, la singola installazione non lede il decoro architettonico del fabbricato se quest’ultimo risulta già degradato da manufatti preesistenti (principio espresso dalla Corte di Cassazione con sentenza n° 26055 del 10 dicembre 2014).
Precisato ciò, qualora in contrasto con il decoro architettonico, non conta se la veranda ha modeste dimensioni rispetto all’intera massa dell’edificio, ciò che conta è il contrasto con le linee architettoniche del fabbricato e il bene di proprietà esclusiva non può essere modificato in danno della cosa comune, anche se l’innovazione è stata votata dalla maggioranza dell’assemblea: e ciò soprattutto a seguito della recente riforma del condominio che vieta espressamente quelle opere che pregiudicano stabilità e decoro architettonico dell’edificio.
La nuova formula dell’art. 1222 codice civ., infatti, recepisce alcuni concetti elaborati dalla giurisprudenza e consacra tra i divieti anche quello di arrecare, per mezzo di opere realizzate sulle parti comuni dell’edificio, non solo un danno, bensì anche il pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio (La veranda è legittima solamente se la chiusura non sporge dal balcone come precisato dalla Cassazione con la sentenza n. 7269 del 27 marzo 2014).
Inoltre, il concetto di danno alle parti comuni dell’edificio, viene intimamente connesso al pregiudizio del decoro architettonico affermando che, devono considerarsi vietate ex art. 1122 c.c., le opere realizzate dal condomino nella proprietà esclusiva che comportino una lesione del decoro architettonico dell’edificio.
È per questo che va smantellato il manufatto con cui è stata ricavata una stanza dal terrazzo, anche se l’innovazione ha ricevuto il consenso da parte della maggioranza degli altri proprietari.
Se l’intervento sulle cose di proprietà esclusiva alterna l’estetica del fabbricato dovrà essere rimossa.
A ribadirlo è stata La Cassazione con la sentenza n. 2109/15 del 5.02.2015.

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