Nel contesto del diritto delle obbligazioni, il tema della garanzia per vizi della cosa venduta rappresenta un ambito particolarmente rilevante, soprattutto per quanto concerne i rimedi a disposizione del compratore. La sentenza n. 1231/2024 del Tribunale di Latina offre un’occasione utile per chiarire limiti e condizioni per l’esercizio dell’azione redibitoria ai sensi degli articoli 1490 e seguenti del codice civile.
1. La disciplina codicistica dei vizi redibitori
L’art. 1490 c.c. stabilisce che il venditore è tenuto a garantire il compratore per i vizi che rendano la cosa inidonea all’uso cui è destinata o che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Il compratore può scegliere tra la risoluzione del contratto (azione redibitoria) o la riduzione del prezzo (azione estimatoria), come previsto dall’art. 1492 c.c.
Tuttavia, il sistema della garanzia per vizi della cosa venduta è strettamente regolato: l’art. 1495 c.c. introduce due stringenti limiti temporali:
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Decadenza: otto giorni dalla scoperta del vizio;
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Prescrizione: un anno dalla consegna del bene.
Secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, il termine di decadenza decorre dal momento in cui il compratore acquisisce una conoscenza certa e completa del vizio (Cass. Civ. n. 40814/2021), anche se tale consapevolezza si sviluppa progressivamente.
2. Il caso concreto e i limiti all’azione di risoluzione
Nel caso deciso dal Tribunale di Latina, l’acquirente di un’autovettura aveva chiesto la risoluzione del contratto per vizi del bene. Tuttavia, il giudice ha rigettato la domanda. Il motivo? L’assenza di un inadempimento grave e la prova dell’avvenuta riparazione del veicolo da parte del venditore, a titolo di garanzia convenzionale.
È stato rilevato che:
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Le riparazioni erano state effettuate a spese del venditore;
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Il veicolo, dopo gli interventi, era perfettamente funzionante;
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L’attrice non ha dimostrato la persistenza dei vizi né l’inidoneità del bene dopo la riparazione.
Pertanto, non era ravvisabile una violazione contrattuale di non scarsa importanza, condizione necessaria per procedere alla risoluzione ai sensi dell’art. 1455 c.c., richiamato anche per l’interpretazione degli artt. 1490 e 1492 c.c.
3. L’onere probatorio dell’acquirente
Elemento centrale della decisione è stato l’onere, in capo all’acquirente, di provare che il bene fosse ancora viziato dopo la riparazione. La Corte ha osservato che, in assenza di tale prova, e in presenza di un intervento conforme agli standard qualitativi, l’azione redibitoria non può trovare accoglimento.
Inoltre, il Tribunale ha evidenziato come non sia stata neppure proposta una domanda di risarcimento per il temporaneo inutilizzo del bene, limitandosi la parte attrice a chiedere la risoluzione integrale.
4. Considerazioni conclusive
La decisione del Tribunale di Latina conferma alcuni capisaldi giuridici:
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La tutela contro i vizi non scatta in modo automatico, ma presuppone una prova stringente circa la loro rilevanza e durata nel tempo.
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Il venditore che adempie alla garanzia convenzionale può neutralizzare l’azione di risoluzione;
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Il vizio deve determinare una grave compromissione del sinallagma contrattuale, non sanata dalle riparazioni effettuate.
In assenza di tali elementi, l’azione redibitoria è destinata al rigetto, e ciò anche quando il bene abbia presentato iniziali difetti.