La garanzia delle case automobilistiche copre generalmente i componenti meccanici dell’auto, come il motore, la trasmissione, il sistema di raffreddamento, il sistema di alimentazione, il sistema di sospensione e il sistema frenante. Ci sono alcune esclusioni specifiche come, ad esempio, la garanzia non copre i danni causati da incidenti, abuso, uso improprio o manutenzione impropria dell’auto. Inoltre, la garanzia non copre le parti dell’auto soggette a normale usura, come le pastiglie dei freni, la batteria e le candele di accensione.
A livello europeo, la garanzia delle case automobilistiche è regolata dalla Direttiva 1999/44/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 25 maggio 1999 sulla vendita di beni di consumo e le garanzie a essi relative. Questa direttiva prevede una garanzia legale di conformità di due anni a carico del venditore, che copre tutti i difetti di conformità presenti al momento della consegna del veicolo.
A livello nazionale, la garanzia è regolata dal Codice del Consumo. In Italia, la garanzia legale di conformità è di due anni per i veicoli nuovi e di un anno per i veicoli usati, anche se le parti possono concordare una durata diversa.
Vi è da precisare, tuttavia, come la manutenzione regolare e la cura del veicolo sono essenziali per preservare la garanzia della casa automobilistica. La maggior parte dei produttori richiede che i proprietari di veicoli seguano un programma di manutenzione regolare per mantenere la garanzia valida.
Ma quando può dirsi difettoso un bene venduto ad un consumatore. Il Codice del Consumo individua una serie di requisiti da considerare per valutare la conformità del prodotto acquistato dal consumatore. In particolare, il bene deve:
Avere quelle caratteristiche, quali quantità, qualità, funzionalità, compatibilità ed interoperabilità indicate nel contratto di vendita; essere idoneo agli utilizzi particolari desiderati dal consumatore, purché questi siano stati portati a conoscenza del venditore al momento della vendita e tali usi siano stati confermati dal venditore; essere dotato di tutti gli accessori, istruzioni ed aggiornamenti previsti dal contratto di vendita.
Oltre a quanto detto, viene richiesta la conformità al tipo di prodotto acquistato dal consumatore e alle caratteristiche che è lecito attendersi da prodotti di quel tipo; il bene deve dunque:
essere adatto agli usi ai quali prodotti di quel tipo sono normalmente destinati; avere le caratteristiche del modello che il venditore ha eventualmente mostrato al consumatore prima dell’acquisto; essere fornito con le istruzioni e gli accessori che il consumatore può aspettarsi da un prodotto di quel tipo; avere le qualità e caratteristiche “ordinariamente presenti in un bene del medesimo tipo e che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi”, tenendo conto anche delle dichiarazioni rilasciate sul prodotto.
Una volta che il consumatore si è reso conto del vizio e/o difetto lo stesso è tenuto alla sua denuncia al venditore entro due mesi dalla scoperta e applicare la presunzione circa l’esistenza del difetto alla data della consegna, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità. Quanto alla forma della denuncia, va evidenziato che la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nell’affermare che la denunzia dei vizi della stessa da parte del compratore, può essere fatta, in difetto di una espressa previsione di forma, con qualunque mezzo che in concreto si riveli idoneo a portare a conoscenza del venditore i vizi riscontrati (Cass. 3 aprile 2003 n. 5142; Cass., Sez. Un., 15 gennaio 1991 n. 328).
Acclarati i requisiti affinché possa definirsi un prodotto o una parte di esso difettoso, nonché l’obbligo di denuncia del vizio, il Codice del Consumo prevede che, nel caso in cui l’auto non sia conforme al contratto di vendita, il consumatore abbia diritto a vari rimedi, ovvero:
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Riparazione;
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Sostituzione;
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Riduzione del prezzo di acquisto;
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Risoluzione del contratto.
Proprio sui rimedi che maggiormente il venditore pone a carico del consumatore maggiori problematiche. Infatti spesso, questi impongono al consumatore una scelta fra i rimedi suindicati dichiarandoli alternativi.
A dirimere ogni dubbio è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione. Secondo la Corte nella disciplina consumeristica il legislatore ha distinto rimedi primari e rimedi secondari ed ha imposto al consumatore di attenersi a tale gerarchizzazione, lasciandolo libero di scegliere il rimedio per lui più conveniente, una volta rispettato l’ordine dei rimedi in via progressiva; il consumatore può chiedere “in un primo momento la sostituzione ovvero la riparazione del bene, e solo qualora ciò non sia possibile, ovvero sia manifestamente oneroso, è legittimato ad avvalersi dei cd. rimedi secondari, che non sono altro che la riproposizione in materia consumeristica delle tradizionali azioni edilizie” (Cass. 03/06/2020, n. 10453); è proprio la previsione della subordinazione di una classe di rimedi ad un’altra che impedisce di ritenere che essi siano alternativi, in quanto l’unico onere imposto al consumatore è che egli si avvalga prima dei rimedi primari e, solo una volta che questi si rivelino inidonei a risolvere il problema, gli è consentito di ricorrere ai rimedi secondari (Cass. 25/08/2022, n. 25417) che “non sono altro che la riproposizione in materia consumeristica delle tradizionali azioni edilizie” (Cass. 3/06/2020, n. 10453; Cass. 14/10/2020, n. 22146; Cass. 7/02/2022, n. 3695);