In materia di diritto di recesso del consumatore nel caso di contratti negoziato fuori dai locali commerciali, la sentenza del 17 maggio 2023 causa C 97/22, della Corte di giustizia UE ha stabilito alcuni importanti principi.diritto recesso contratti consumatore

In via preliminare, secondo il considerando 21 della direttiva 2011/83Un contratto negoziato fuori dei locali commerciali dovrebbe essere definito come un contratto concluso alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, in un luogo diverso dai locali del professionista, ad esempio al domicilio o sul posto di lavoro del consumatore. Fuori dei locali commerciali il consumatore può essere sottoposto a una potenziale pressione psicologica o può trovarsi di fronte a un elemento di sorpresa, indipendentemente dal fatto che [abbia] richiesto o meno la visita del professionista. (…)“.

L’articolo 9 di detta direttiva, intitolato «Diritto di recesso», prevede, al paragrafo 1: “Fatte salve le eccezioni di cui all’articolo 16, il consumatore dispone di un periodo di quattordici giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali senza dover fornire alcuna motivazione e senza dover sostenere costi diversi da quelli previsti all’articolo 13, paragrafo 2, e all’articolo 14“.

Ed ancora, l’articolo 10, paragrafo 1, di tale direttiva, intitolato «Non adempimento dell’obbligo d’informazione sul diritto di recesso», recita: “Se in violazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera h), il professionista non fornisce al consumatore le informazioni sul diritto di recesso, il periodo di recesso scade dodici mesi dopo la fine del periodo di recesso iniziale, come determinato a norma dell’articolo 9, paragrafo 2“.

Con la sentenza in argomento, si esamina il caso di un consumatore che aveva stipulato un contratto al di fuori dei locali commerciali con un’impresa per una ristrutturazione della propria abitazione.

In tale contesto, l’impresa ometteva di fornire l’informativa circa il diritto di recesso entro 14 giorni conseguente alla stipula a distanza del contratto.

A lavori conclusi, l’impresa emetteva fattura al consumatore, il quale si rifiutava di pagare esercitando il recesso dal contratto ed eccependo di non essere tenuto ad alcun pagamento in quanto il lavoro era stato eseguito prima della scadenza del periodo di recesso (esteso di un anno per la mancata informativa ai sensi del citato art. 10).

Con la sentenza in commento, la Corte di giustizia UE ha affermato il principio per cui il consumatore deve essere esonerato da qualsiasi obbligo di pagare le prestazioni fornite in esecuzione di un contratto negoziato fuori dei locali commerciali qualora il professionista non gli abbia trasmesso le informazioni circa il diritto di recesso, e tale consumatore abbia esercitato il suo diritto di recesso dopo l’esecuzione di tale contratto.

La questione risulta particolarmente importante per i differenti risvolti: da un lato, il diritto del consumatore a non eseguire il pagamento in pendenza del periodo di recesso in caso di omessa informativa sul diritto di recesso; dall’altro, il diritto del professionista a ricevere comunque il pagamento.

Orbene, Il diritto di recesso menzionato all’articolo 14, paragrafo 5, della direttiva 2011/83 mira a tutelare il consumatore nel particolare contesto della conclusione di un contratto negoziato fuori dei locali commerciali, nel quale, come ricordato dal considerando 21 di tale direttiva, tale consumatore può essere sottoposto a una potenziale pressione psicologica o trovarsi di fronte a un elemento di sorpresa, indipendentemente dal fatto che abbia chiesto o meno la visita del professionista di cui trattasi. Pertanto, l’informazione precontrattuale relativa a tale diritto di recesso riveste, per detto consumatore, un’importanza fondamentale e gli consente di decidere con cognizione di causa se concludere o meno il contratto (v., per analogia, sentenza del 23 gennaio 2019, Walbusch Walter Busch, C-430/17, EU:C:2019:47, punti 45 e 46).

Ne consegue che, nell’ipotesi in cui, prima della conclusione di un contratto negoziato fuori dei locali commerciali, ai sensi dell’articolo 2, punto 8, della direttiva 2011/83, il professionista di cui trattasi ometta di fornire a un consumatore le informazioni di cui all’articolo 6, paragrafo 1, lettere h) o j), di tale direttiva, e tale consumatore eserciti il suo diritto di recesso, il combinato disposto dell’articolo 14, paragrafo 4, lettera a), i), e paragrafo 5, di detta direttiva esonera detto consumatore da qualsiasi obbligo di pagare a tale professionista il prezzo del servizio fornito da quest’ultimo durante il periodo di recesso.

Pertanto, con la sentenza in oggetto, la Corte afferma che il consumatore è esonerato da qualsiasi obbligo di pagamento, sia connesso al pagamento del corrispettivo, che ad un’indennità compensativa rispetto ad un indebito suo arricchimento.

L’obiettivo del regime dei contratti fuori sede, è infatti quello di garantire un elevato livello di tutela dei consumatori. Obiettivo che sarebbe compromesso se si ammettesse la possibilità che il consumatore, a seguito del suo recesso da un contratto di servizi concluso fuori dei locali commerciali, sostenga costi che non sono espressamente previsti dalla direttiva.

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