Difetto dell’autoveicolo: nella materia delle compravendite ove l’acquirente sia un consumatore la disciplina codicistica ha carattere sussidiario rispetto a quella prevista dal Codice del Consumo (Corte di Cassazione con la sentenza n. 13148 del 30 giugno 2020.).

Infatti, secondo la Corte di Cassazione, in materia di compravendita esiste una chiara preferenza del legislatore per le norme consumeristiche, mentre la disciplina del codice civile ha un ruolo solo “sussidiario”: gli artt. 128 e segg. del Codice del Consumo si applicano quindi prioritariamente (se ne ricorrono i presupposti), mentre le norme codicistiche trovano spazio solo per quanto non previsto dalla normativa speciale (così Cass. Civ. Sez. III, 30.5.2019, n. 14775).

Dal combinato disposto degli artt. 129 e segg. del Codice del Consumo si desume la responsabilità del venditore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene, purché emerga entro due anni dalla consegna.

Pertanto, se il difetto si manifesta entro il predetto termine, il consumatore potrà quindi limitarsi ad allegare la sussistenza del vizio, gravando sul venditore l’onere di dimostrare la conformità del bene.

L’art. 132 terzo comma del Codice del Consumo prevede inoltre una specifica presunzione a favore del consumatore, per cui i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene, si presumono già sussistenti a tale data, salvo che ciò sia incompatibile con la natura del bene o del difetto invocato.

La Corte di Cassazione osserva che, del resto, il predetto art. 132 C.C. dev’esser letto in combinato disposto con la direttiva Europea n. 1999/44/CE sulle garanzie dei beni di consumo (di cui il Codice del Consumo costituisce trasposizione in Italia).

La direttiva, che indica appunto il nucleo essenziale dei diritti spettanti al consumatore, ribadisce che grava su quest’ultimo il solo onere di denunciare il difetto di conformità.

Onere da considerarsi assolto mediante la tempestiva comunicazione al venditore dell’esistenza del difetto, non occorrendo che ne fornisca anche la prova o che ne indichi la causa precisa.

L’allegazione del vizio specifico si tradurrebbe infatti in un onere eccessivo per il consumatore, richiedendo peraltro l’accesso a dati tecnici del prodotto o il ricorso a un’assistenza tecnica specializzata, che invece si trovano nella più agevole disponibilità del venditore (conclusioni confermate anche dalla sentenza della Corte di Giustizia 4 giugno 2015, causa c-497/13, c.d. “caso Faber”).

Superati i sei mesi torna invece operativo il regime probatorio generale, per cui il consumatore dovrà provare che il difetto era presente fin dall’origine.

Contattaci
Invia