La Corte di Cassazione, nella Sentenza n. 21182 dell’8 ottobre 2014, ha dato ragione alla contribuente (una società per azioni), la quale, a seguito di tre processi verbali di constatazione, aveva ricevuto tre avvisi di rettifica, con i quali l’Amministrazione finanziaria aveva recuperato a tassazione l’Iva indebitamente detratta, in relazione a fatture per acquisti di beni destinati ad omaggi, per i quali si sosteneva che la contribuente non avesse dimostrato l’inerenza all’attività d’impresa; fatture o note di debito aventi ad oggetto premi fedeltà o premi di fine anno corrisposti ai clienti; fatture riguardanti pagamenti, in favore di clienti, a titolo di contributi per l’apertura di nuove strutture o di contributi promozionali; fatture o note di debito emesse a fronte di sconti o abbuoni per merce non conforme o deteriorata.
Nello specifico, la sentenza di legittimità conferma che é legittima l’emissione della nota di variazione in diminuzione dell’IVA (ex art. 26, comma 2 del DPR 633/72) nel caso in cui abbuoni o sconti commerciali riducano il corrispettivo di operazioni già effettuate e per le quali è già stata emessa la fattura. Gli abbuoni e gli sconti commerciali previsti contrattualmente sono infatti somme di denaro che influiscono direttamente sul prezzo della merce compravenduta o del servizio scambiato, riducendone l’importo dovuto per le singole operazioni effettuate. Affinché si possa emettere una nota di variazione portandosi in detrazione l’IVA, l’art.26 del DPR 633/72 pone come condizione che la riduzione del corrispettivo al cliente sia frutto di un accordo, sia esso documentale o verbale.
Secondo quanto affermato dalla Cassazione, al contrario l’IVA non può essere detratta nel caso in cui le riduzioni operate siano relative alla corresponsione di premi o bonus ai clienti. Infatti tali operazioni non attribuiscono il diritto alla detrazione dell’IVA. I premi di fine anno hanno natura di contributi autonomi riconosciuti “indistintamente a fine esercizio al cliente al raggiungimento di un determinato fatturato o comunque per incentivarlo a futuri acquisti” e, in quanto tali, costituiscono somme che sono escluse dal campo di applicazione del tributo. Lo stesso vale per le somme di denaro versate ai clienti come contributi per l’apertura di nuove strutture o come contributi promozionali.
Più in generale, non é riconosciuta la detrazione dell’imposta per tutti gli importi corrisposti a titolo di liberalità ovvero a titolo risarcitorio. Le liberalità costituiscono infatti cessioni di denaro fuori dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’art.2, comma 3, lett. a) del DPR 633/72, mentre i risarcimenti sono somme “escluse” dall’IVA in virtù dell’art.15 del medesimo DPR 633/72.
Ulteriore caso affrontato dalla sentenza, é quello della detraibilità dell’imposta assolta sugli acquisti di beni destinati ad essere ceduti come omaggi. In tali casi, l’IVA assolta all’atto dell’acquisto risulta detraibile solo qualora gli acquisti effettuati risultino inerenti con l’attività d’impresa del contribuente. Le cessioni di “beni omaggio”, se rientranti nell’ambito dell’attività d’impresa, sono sempre imponibili IVA (art.2, comma 2, n.4 del DPR 633/72), indipendentemente dal costo unitario dei beni stessi. Per tale motivo, per tali beni é prevista la possibilità di detrarre l’imposta assolta all’atto dell’acquisto.
L’onere di provare l’inerenza delle spese destinate alle cessioni di omaggi al fine di detrarre l’IVA spetta al contribuente, così come ribadito dalla Cassazione con numerose sentenze.
In defintiva, ai fini della detrazione dell’Iva, la normativa in materia prevede che quando l’operazione commerciale per la quale è stata emessa fattura veda ridotto il suo ammontare in conseguenza di abbuoni o sconti commerciali, devono essere rispettate due condizioni: la prima è che deve essere praticato al cliente uno sconto sul prezzo di vendita; la seconda è che la riduzione del corrispettivo applicata al cliente sia frutto di un accordo, che può essere documentale, verbale ed anche successivo, non operando la norma alcuna distinzione.
Nessuno diritto a detrazione, invece, può trovare applicazione quando nella riduzioni operate sia ravvisabile la natura di premio di fine anno, invece che di sconto. Quest’ultimo è una componente che incide direttamente sul prezzo della merce compravenduta o del servizio scambiato, riducendone l’ammontare dovuto per le singole operazioni compiute.
Il premio di fine anno, invece, è un contributo autonomo riconosciuto indistintamente a fine esercizio al cliente al raggiungimento di un determinato fatturato o comunque per incentivarlo a futuri acquisti.

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