In tema di compravendita di un immobile sito in un Condominio, ci si chiede a chi spetti pagare le spese condominiali arretrate, e in quale misura.
Norma cardine per una corretta comprensione della problematica risulta l’art. 63 delle disp. Att. c.c. il quale ai commi 4 e 5 prevede: “Chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente” e “Chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto”
Tale regola risulta inderogabile, sia dal regolamento condominiale (anche se di natura contrattuale, come espressamente indicato dall’art. art. 72, disp. att. al cod. civ.) che da una contraria delibera assembleare.
Orbene, precisato quanto sopra, per pervenire alla corretta imputazione delle spese condominiali arretrate, occorre considerare la distinzione tra le spese ordinarie e le spese straordinarie.
Con l’espressione “spese ordinarie” ci si riferisce alle spese necessarie alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell’edificio o alla prestazione di servizi nell’interesse comune.
Con l’espressione “spese straordinarie” si fa riferimento a quelle spese che non rientrano nella manutenzione ordinaria; In altri termini tutte quelle spese che il condominio deve sostenere, ad esempio, in caso di danni, rotture, riparazioni di aree condominiali. Le spese straordinarie devono essere deliberate dall’Assemblea, secondo le maggioranze individuate dall’art. 1136 c.c.
Il principio ricavabile dal citato art. 63 è la solidarietà passiva tra il venditore e l’acquirente sia per le spese ordinarie sia per le spese straordinarie: il che significa che è tenuto a pagare sia il venditore sia l’acquirente; in altre parole, l’amministratore può rivolgersi per l’intero importo del debito maturato nell’anno in corso e nell’anno precedente la trasmissione della copia autentica dell’atto di vendita ad entrambi i soggetti.
Per una corretta individuazione del limite temporale, interviene la Corte di Cassazione con la sentenza n. 7395/2017, la quale ha precisato che l’espressione “anno in corso e a quello precedente”, di cui al menzionato art. 63, fa rifermento ai 24 mesi precedenti l’acquisto (o, nelle procedure esecutive, il decreto di trasferimento) e non all’anno solare (1 Gennaio – 31 Dicembre).
Sicché i debiti più risalenti, ossia quelli oltre i due anni precedenti alla data di acquisto dell’immobile, anche se riportati a “nuovo” nei bilanci successivi successivi, non potranno essere imputati all’acquirente. In altri termini l’approvazione del c.d. “saldo gestioni precedenti” non determina uno “spostamento” temporale del debito, che va sempre riferito all’annualità di specifica competenza.
Se le spese ordinarie non destano particolari perplessità, di maggiore impatto risultano certamente le spese straordinarie.
Orbene in merito a quest’ultime per determinare se le stesse dovranno essere pagate dall’acquirente o dal venditore l’elemento determinante è la data di deliberazione da parte dell’assemblea delle spese straordinarie, ossia la data della delibera di autorizzazione dell’assemblea, ai sensi dell’art. 1135 comma 1, n. 4 c.c., assunta con la maggioranza prescritta dall’art. 1136, comma 4, c.c.
Si veda in merito l’Ordinanza della Suprema Corte di Cassazione del 10 settembre 2020 n. 18793: “secondo ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, deve farsi riferimento non al momento della concreta attuazione dell’attività di manutenzione, quanto alla data di approvazione della delibera assembleare che ha disposto l’esecuzione dell’intervento di riparazione straordinaria, avendo la stessa delibera valore costitutivo della relativa obbligazione (Cass. Sez. 2, 14/10/2019, n. 25839 Cass. civ., Sez. II, Sent., (data ud. 19/06/2019) 14/10/2019, n. 25839; Cass. Sez 6-2, 22 marzo 2017, n. 7395; Cass. Sez. 2, 03/12/2010, n. 24654).”
Sempre nella stessa ordinanza la Suprema Corte precisa i requisiti minimi affinché la delibera sia titolo costitutivo dell’obbligazione in capo al venditore o in capo all’acquirente; infatti, la Suprema Corte precisa che, al fine di imputare l’obbligo di partecipazione alla spesa nei rapporti interni tra venditore e compratore, “non rileva la data in cui siano stati approvati gli stati di ripartizione delle spese inerenti quei lavori. Occorre, invero, l’autorizzazione dell’assemblea, ai sensi dell’art. 1135c.c., comma 1, n. 4 e con la maggioranza prescritta dall’art. 1136 c.c., comma 4, per l’approvazione di un appalto relativo a riparazioni straordinarie dell’edificio condominiale (si vedano indicativamente Cass. Sez. 2, 21/02/2017, n. 4430; Cass. Sez. 2, 25/05/2016, n. 10865). La delibera assembleare in ordine alla manutenzione straordinaria deve in ogni caso determinare l’oggetto del contratto di appalto da stipulare con l’impresa prescelta, ovvero le opere da compiersi ed il prezzo dei lavori, non necessariamente specificando tutti i particolari dell’opera, ma comunque fissandone gli elementi costruttivi fondamentali, nella loro consistenza qualitativa e quantitativa, non avendo rilievo per l’insorgenza del debito di contribuzione l’esistenza di una deliberazione programmatica e preparatoria (Cass. Sez. 2, 26 gennaio 1982, n. 517; Cass. Sez. 2, 02/05/2013, n. 10235; Cass. Sez. 2, 21 febbraio 2017, n. 4430; Cass. Sez. 62, 16 novembre 2017, n. 27235; Cass. Sez. 6-2, 17 agosto 2017, n. 20136; Cass. Sez. 2, 20 aprile 2001, n. 5889).”
In definitiva, il soggetto responsabile dovrà rimborsare l’acquirente (o il venditore) che abbia pagato al Condominio le spese condominiali arretrate cui era tenuto per il vincolo di solidarietà passiva, ma non di sua competenza nei rapporti interni tra l’acquirente e il venditore.