Con la sentenza n. 14667 del 14.7.2015, la Corte di Cassazione ha statuito che, in ossequio a quanto prescritto dagli artt. 19 e 22 della Convenzione di Montreal in tema di trasporto aereo internazionale, la responsabilità del vettore aereo internazionale per la perdita o per il ritardo nella consegna del bagaglio deve essere circoscritta alla somma di 1.000 diritti speciali (corrispondenti a circa 1.100,00 euro) di prelievo per passeggero.

All’interno della Comunità Europea continuerà dunque ad applicarsi la normtiva comunitaria, se si tratta invece di vettori non comunitari, scatterà la Convenzione di Montreal che prevede appunto la copertura di ogni tipo di danno, di natura patrimoniale o morale, dipendente dal vettore internazionale che ha smarrito il bagaglio o ritardato la sua consegna.

La Convenzione di Montreal è stata recepita nell’ordinamento europeo con Dec. n. 2001/539/CE, ed è stata ratificata in Italia con la legge n. 12 del 2004.

La Corte di Cassazione evidenzia, in particolare, l’ipotesi normativa di cui all’art. 19 della Convenzione di Montreal In dettaglio, il “vettore è responsabile del danno derivante da ritardo nel trasporto aereo di passeggeri, bagagli o merci”, e la responsabilità per danni da ritardo risulta comunque esclusa ove il vettore aereo, nell’ambito del trasporto internazionale, “dimostri che egli stesso e i propri dipendenti e incaricati hanno adottato tutte le misure necessarie e possibili, secondo la normale diligenza, per evitare il danno oppure che era loro impossibile adottarle”.

Rileva, inoltre, che l’art. 22 della Convenzione disciplina le limitazioni di responsabilità per il ritardo, per il bagaglio e per le merci, prevedendo al comma II che, in ipotesi di trasporto di bagagli, “la responsabilità del vettore in caso di distruzione, perdita, deterioramento o i ritardo è limitata alla somma di 1.000 diritti speciali di prelievo per passeggero”, facendo salva la dichiarazione speciale di interesse alla consegna a destinazione effettuata dal passeggero al momento della consegna al vettore del bagaglio, a fronte del pagamento di un’eventuale tassa supplementare. Solo in presenza di siffatta dichiarazione la compagnia aerea sarebbe tenuta al risarcimento sino a concorrenza della somma dichiarata, a meno che non dia prova che tale somma è superiore all’interesse reale del mittente alla consegna a destinazione.

Peraltro, quanto richiamato al predetto comma II, non trova applicazione se venga data prova che il danno deriva da un atto o omissione del vettore, dei suoi dipendenti o incaricati, posto in essere con l’intento di provocare un danno, o con la consapevolezza che probabilmente ne deriverà un danno, semprechè, nel caso di atto o omissione di dipendenti o incaricati, venga anche fornita prova che questi hanno agito nell’esercizio delle loro funzioni.

La poca giurisprudenza in materia, per lo più della Corte di Giustizia Europea, è concorde nell’affermare che il termine “danno” contenuto all’art. 22 della Convenzione deve essere interpretato nel senso che include tanto il danno materiale quanto il danno morale. Ed è proprio il più noto precedente comunitario (Corte giustizia Unione Europea Sez. III, 06/05/2010, n. 63/09) ad essere richiamato dalla Suprema Corte, che accoglie l’interpretazione ivi fornita dal giudice comunitario, reputando l’esegesi conforme all’art. 31 della Convenzione sul diritto dei trattati, firmata a Vienna il 23 maggio 1969, e, dunque, “in buona fede, secondo il senso comune da attribuire ai suoi termini nel loro contesto ed alla luce del suo oggetto e del suo scopo”; alla luce di tale interpretazione, i termini “prèjudice” e “dommage” – che compaiono, nella lingua francese, nella Convenzione di Montreal – “devono essere ricondotti nell’alveo di una “una nozione di danno, di origine non convenzionale, comune a tutti i sistemi di diritto internazionale” e tale da far ritenere che essi includono tanto i danni di natura materiale quanto quelli di natura morale”.

Ciò posto, e stabilito che il tetto risarcitorio vale per il danno nel suo complesso, la Cassazione rileva che la stessa Convenzione “si limita a stabilire quale sia la condotta di inadempimento determinativa della responsabilità contrattuale del vettore aereo (il ritardo nella consegna del bagaglio)”, ma non opera alcuna selezione di interessi non patrimoniali del passeggero meritevoli di tutela, demandando tale compito agli ordinamenti nazionali. Trova, pertanto, applicazione il “nostro” articolo 2059 c.c. che esige una lesione penalmente rilevante o la lesione di diritti inviolabili della persona, oggetto di tutela costituzionale.

Per la Suprema corte la scelta garantisce un giusto equilibrio tra i diversi interessi in gioco. Da un lato si garantisce una responsabilità rigorosa dei vettori a tutela del trasporto aereo internazionale e nel rispetto dell’equo risarcimento e, dall’altro, si limita il risarcimento per ciascun passeggero in funzione degli interessi delle compagnie.

La Convenzione lascia poi agli ordinamenti interni il compito di regolare l’eventualità di un danno morale che non può essere tipizzato in anticipo ma “segue” il codice civile e può essere fatto valere, solo nell’ipotesi di un reato o di violazione di diritti umani.

Pertanto, il risarcimento massimo di mille euro previsto dalla Convenzione di Montreal, nel caso di smarrimento o ritardo nella consegna del bagaglio per colpa del vettore internazionale, copre i danni di qualunque natura patrimoniale e non. Chi lamenta un danno morale in particolare può affidarsi al giudice interno che lo valuterà in base all’articolo 2059 del codice civile, ma deve sapere che la domanda sarà accolta solo se il fatto illecito è previsto dalla legge come reato o c’è stata una lesione di diritti inviolabili della persona.

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