La cartella esattoriale finalizzata al recupero delle imposte non dichiarate e quindi non versate da parte dell’Agenzia delle Entrate deve essere accompagnata da una adeguata e specifica motivazione in tutta la fase del contenzioso, pena la nullità della pretesa.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 374/2015, la quale ricorda che la cartella esattoriale non necessita di una specifica motivazione solo quando finalizzata al recupero di imposte dichiarate e non versate, come già stabilito da precedenti sentenze della Cassazione (n. 27098/13, n. 27140/11, n. 9224/11).
Con la pronuncia in commento, i Giudici di Piazza Cavour, intervenendo sulla nota questione dell’obbligo di motivazione degli atti impositivi notificati al contribuente dall’Agenzia delle entrate o dal Concessionario della riscossione, hanno affermato che la cartella di pagamento è nulla, qualora non sia possibile verificare l’iter logico-giuridico su cui essa si basa, in quanto l’equivocità della motivazione finisce per rendere la cartella di pagamento ‘inammissibilmente generica’ e, quindi, utilizzabile per qualsiasi fattispecie.
Ciò, in considerazione di quanto disposto dall’art. 7, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente – peraltro significativamente intitolato, come rilevato dalla stessa Suprema Corte, ”Chiarezza e motivazione degli atti” -, il quale statuisce che “gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione”.
La soluzione cui pervengono i Giudici di Piazza Cavour consolida quel filone giurisprudenziale secondo cui è nulla la cartella di pagamento la cui motivazione sia equivoca (rectius, generica) e, quindi, tale da non consentire al contribuente la verifica dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione finanziaria.
Invero, la cartella di pagamento, quale tipico provvedimento esplicativo della volontà dell’Amministrazione finanziaria, è destinata ad incidere in via immediata ed unilaterale sulla sfera giuridica di un soggetto privato e, come tale, è necessario, ex lege, che la medesima sia dotata del contenuto motivazionale atto a fornire e garantire l’intelligibilità della pretesa tributaria, al fine di rendere edotto il contribuente dei motivi di fatto e di diritto, in base ai quali l’Ufficio ha avanzato la pretesa tributaria, così come previsto dall’art. 3, della Legge n. 241 del 1990.
Alla luce dei suesposti principi, appare dunque evidente come l’obbligo di indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’Amministrazione finanziaria sia ineludibile e, soprattutto, non surrogabile da una generica, quanto equivoca, motivazione, nel pieno rispetto del diritto di difesa del contribuente, che è costituzionalmente garantito dall’art. 24.

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